Il mito

Queste cose non avverranno mai, ma sono sempre.

– Sallustio, IV sec. d.C., citato da Calasso

Il mito come modello esplorativo e conoscitivo

Il mito è avvicinabile al sogno, tanto che alcuni lo chiamano “sogno sociale”. Quello greco in particolare, per la sua ricchezza di storie e personaggi, è un prezioso aiuto per capire gli aspetti profondi della vita umana e sociale. La tragedia di Sofocle Edipo Re, ad esempio, descrive il rapporto profondo tra genitori e figli e permette di indagare i sentimenti primitivi che riguardano il desiderio, la rivalità, la paura, l’odio e l’interdizione incestuosa.

Il mito di Edipo in Freud

L’impiego del mito come modello cognitivo atto ad esplorare l’ignoto è stato introdotto per la prima volta da Freud. Edipo e Narciso sono i miti più conosciuti perché Freud, nella psicoanalisi, li ha utilizzati per descrivere alcuni sentimenti profondi dei rapporti umani

Attraverso la vicenda di Edipo, Freud mette a fuoco solo due elementi: l’incesto e il parricidio e le relazioni affettive familiari inconsce, che sono entrati nel nostro universo culturale, perché permettono di capire la profondità emotiva della vita umana. Il mito di Edipo nelle sue capacità polisemiche mette in luce, componendo e scomponendo i ruoli affettivi, la possibilità di individuare le molteplici realizzazioni affettive. Si possono intravedere la ricerca dell’identità, il riconoscimento di sé stessi, dei propri desideri affettivi, anche quelli colpevoli, o di espiazione.

La psicoanalisi ci ha permesso di capire che non si tratta solo della dimensione profonda delle persone patologiche, ma che riguarda la storia emotiva di ogni persona. In modo simile possiamo utilizzare la fiaba per i bambini.

L’uso fatto da Freud, osserva Bion, della vicenda di Edipo ha illuminato gli aspetti sessuali della personalità umana, ma grazie alle sue scoperte è possibile, riesaminando il mito, individuare altri elementi che non furono messi in rilievo dalle prime indagini, perché tenuti in ombra dalla componente sessuale del dramma.

mito Edipo e la Sfinge
Edipo e la Sfinge

Mito e modelli analitici

Per Bion il campo analitico consta di tre oggetti analitici: il senso, il mito e le passioni. Questo permette di assumere il mito a modello, e proprio come modello svolge un ruolo fondamentale nella costruzione di una teoria e consente di estendere le formulazioni teoriche a nuovi osservabili e diventare quindi parte essenziale di ulteriori sviluppi della teoria. Perciò il mito è atto alla investigazione o costruzione cognitiva e si può distinguere tra miti personali privati, o collettivi, gruppali.

Le elaborazioni epistemologiche qui brevemente riportate consentono di comporre un rapporto di interdipendenza tra mito e modelli analitici e il modello va considerato come un prezioso strumento euristico utile anche per un confronto con le teorie scientifiche.

La scelta metodologica e strumentale di Freud proponeva un modello esplorativo/conoscitivo – ricorda F. Corrao – che deve avere le seguenti caratteristiche:

  1. immaginario o finzionale (come se);
  2. drammatizzante, cioè capace di generare passioni;
  3. simbolizzante, cioè capace di generare traduzioni simboliche;
  4. analogizzante, cioè capace di generare metafore;
  5. organizzante, cioè capace di generare strutture;
  6. metamorfizzante o trasformazionale, cioè regolato da una logica non aristotelica, e infine
  7. deve essere narrativo.

Sia il sogno che il mito hanno tali caratteristiche: infatti entrambi si confrontano con la drammatizzazione, la narrazione, la raffigurazione, la simbolizzazione, l’interpretazione e l’elaborazione.

Per Bion è importante contrastare la perdita progressiva del valore del mito e della capacità mitopoietica dell’uomo moderno per il riduzionismo semplificante che lo ha indebolito, indebolendo la centralità del pensiero e delle emozioni, mentre l’amplificazione del campo affettivo, emotivo può restituirgli tutta la complessità e il potere.

La sfinge più che Edipo ora assume un significato emblematico della conoscenza, stimola la curiosità ma al tempo stesso minaccia di punire con la morte chi non la soddisfi.

La pluralità dei mitologhemi

La ricchezza del mito si mostra anche attraverso la pluralità dei mitologhemi che lo compongono e che possono evidenziare gli stati primitivi o arcaici della mente, come l’antropofagia, il cannibalismo e tutte le sue varianti, come l’omofagia e l’allelofagia (divorarsi reciproco) o smembramento, i riti sacrificali umani o animali, e perciò l’indagine sulla violenza (R. Girard), che ha proposto anche il mitologhema del capro espiatorio. Il modello sacrificale e alimentare è presente in molti mitologhemi specialmente quelli dionisiaci, che concentrano l’indagine sulla omofagia o quelli dello specchio che propongono il concetto dell’altro e dello stesso, dell’identità e della differenza, e che costituiscono il luogo dove si costruisce il simbolo. Il mito fornisce inoltre la possibilità di poter capire la scena originaria anche per gli aspetti estranianti dell’inganno e del doppio. Nei miti possiamo ritrovare la mania, la follia, il divoramento, l’antropofagia, l’ingestione, l’espulsione, la fuga, il nomadismo, l’ebbrezza, il furore che si possono rintracciare di nuovo come mitologhemi. I miti dionisiaci spesso sono collegati alla dimensione orgiastica e gruppale.

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